domenica 14 ottobre 2007

un batterista di pasaggio - via dal gratis - la batteria blu di marco

Continuavamo a fare le prove al Gratis di Senigallia. Io scrivevo la maggior parte dei testi, Daniele ne aveva scritti un paio (Comunicato e 3, 2, 1… guerra), ma soprattutto lui aveva il compito di “realizzare” le musiche. Delineava la linea melodica e poi definiva il giro di basso, lo insegnava a Donatella e la batteria seguiva. Io ci urlavo sopra. Abbastanza incurante del coordinamento con la musica.
I testi erano rigorosamente in italiano, ma difficilmente si potevano capire, così – per svolgere correttamente la “funzione comunicativa” – li ciclostilavamo e li distribuivamo prima dei concerti, così che – una volta a casa – si potesse capire che diavolo avevamo tanto da urlare in quella mezz’ora sul palco.

Nel tempo ci sarà una svolta, testuale e musicale, ma agli inizi eravamo velocità pura. Quasi hard-core, direi. I pezzi duravano un paio di minuti. Si correva e si urlava, si correva e si urlava. A squarciagola. Ascoltavamo tutti i gruppi della Crass Records e Daniele amava anche l’hard-core americano M.D.C., D.R.I., Black Flag ovviamente… e ancora influenze metal, che però non trasparivano più di tanto.
I testi erano ovviamente iperpoliticizzati: parlavano di scenari post-nucleari, erano invettive contro la politica, lo stato, la droga, lo sfruttamento degli uomini e degli animali. Io e Donatella eravamo vegetariani e nessuno indossava capi in pelle (salvo le scarpe, sigh…). Contro l’abuso di pelli e pellicce avevamo scritto Pelle d’animale («pelle sulla propria pelle/pelle d’animale/pelle sulla propria pelle/ criminale! Criminale!» era il refrain); contro la droga avevamo Create i vostri martiri («Cosa credete di combattere?/Cosa credete di cambiare?/siete parte del sistema/che vi credete di rifiutare»).
Come gruppo rimaneva il problema del batterista. Michele non ce la faceva a seguire due band! Dovevamo correre ai ripari. Pina (che non suonava più, e il suo posto di bassista nei Cracked Hirn l’aveva preso Cavallo, che prima faceva degli interventi di sax nei loro brani) ci presenta un ragazzo con il ciuffo dark alla Bauhaus che mi pare si chiamasse Daniele (ricordo invece il soprannome che la stessa Pina gli diede alcuni mesi dopo, a seguito di avances non gradite…). Non ci piaceva granché, ma avevamo bisogno di un batterista, allora lo arruolammo nel gruppo. Aveva dei rudimenti batteristici ma nulla più. Teneva il tempo. Parlavamo molto poco. Ci dava l’aria del poseur, tanta immagine ma poca sostanza. Eravamo un gruppo politico che diceva le loro cose in musica, primariamente. E dunque l’immagine contava poco. Per lui, probabilmente, era tutto.
Ovviamente durò poco. Non ricordo bene, ma probabilmente non fece mai un concerto con noi.
Anche il Gratis cominciava ad andarci stretto. Per suonare era necessario prenotarsi. Poi c’era il treno da prendere, gli orari da rispettare. Probabilmente anche ai gestori del Gratis i punk cominciavano a stufare. Gran casino per nulla… meglio il jazz.
Cominciammo a valutare la possibilità di suonare a Falconara.
In fondo c’erano ancora i locali dovevo avevo iniziato a suonare con i Black Lizard e… forse c’era anche il batterista disponibile: Marco! Perché non ci avevo pensato prima? Sì, c’era. Era disponibile. Aveva voglia di suonare (aveva lasciato la sua batteria blu nella vecchia stanza-prove), condivideva soprattutto gli ideali non-violenti e pacifisti del gruppo. Era dei nostri: era IL NOSTRO BATTERISTA! E c’era anche la stanza! Tutta per noi, per suonare e fare tutte le attività che volevamo! Un sogno!

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