mercoledì 28 novembre 2007

Le stanze

Gli Azione Non Violenta sperimentano dunque, a Falconara, la loro prima formazione “ufficiale”: marco (io) alla voce, Daniele alla chitarra, Donatella al basso e Marco alla batteria. Inizia così la vera storia degli ANV, fatta non solo di suoni, ma anche di tanto tempo passato insieme. Le stanze (così, semplicemente, chiamavamo il locali per le prove) erano il nostro nuovo ventre materno. Stavamo sempre lì, dopo o nonostante gli impegni scolastici. Fino a notte. Stavamo tra di noi a suonare, cazzeggiare, disegnare volantini per ipotetici concerti o copertine per fanomatiche cassette, poi ascoltavamo un po' di musica o sentivamo gli altri suonarla.
Le stanze erano i locali di un ex-asilo comunale, dismesso da tempo. Cinque locali, un ripostiglio con una cantina dei miracoli e due bagni. La nostra stanza era divisa in due da una parete che si reggeva a malapena, fatta da un'intelaiatura di assi di legno e ricoperta con della gommapiuma, che doveva avere funzione fono-assorbente, ma che – dato che non avevamo soldi per comprare materiali decenti – era talmente sottile che il gruppo che suonava dall'altra parte della palizzata non poteva farlo contemporaneamente a noi, e viceversa.
Al di là della palizzata c'erano i Bastioni Gran Sasso, gruppo rock. Nel senso più tradizionale del termine. Fatto di gente che sapeva suonare e che per questo si vedevano poche volte (per nostra fortuna), forse sì e no una volta alla settimana.
Poi c'era uno stanzone libero, che chiamavamo “sala riunioni”, ma nella quale facemmo sì e no un paio di incontri collettivi. Sicuramente quella fu la stanza dell'addio alle stanze, nella quale si consumò la fine di quell'esperienza incredibile. Ma le storie tristi adesso lasciamole da parte, per ora.
Nello “stanzone” l'assessorato alla cultura mandava periodicamente gruppi e associazioni per verificare la possibilità di utilizzarlo come sede... senza risultati. Nessuno poteva convivere con il frastuono che usciva dalle altre stanze. L'UDI lo tenne per un po', vennero tre-quattro volte, poi abbandonarono il campo alla chetichella lasciando lì anche molto del loro materiale.
La terza stanza era quella degli Ashill Forrest, che suonavano jazz-rock, fusion alla Level 42, che all'epoca era il loro gruppo preferito. Con loro era un continuo sfottersi su temi musicali: noi detestavamo la loro musica, loro non riuscivano neanche a chiamare “musica” ciò che usciva dai nostri amplificatori. Nonostante questi scazzi amichevoli, i rapporti con loro saranno quelli più stretti. Con il tempo noi e loro realizzammo un bel sodalizio amicale, fatto di cene, bevute, gite e quant'altro. Francesco, pazzo per la PFM, suonava la batteria, Vito la chitarra, Giulio (cioè quel Giulio con il quale fondammo i Black Lizards) era il mago del basso, Lorenzo (al quale un giorno dedicherò un post a parte) il sax, Charlet le percussioni. Poi c'era un tastierista di cui non ricordo il nome.
La seconda metà della stanza (questa insonorizzata perfettamente grazie alla sapienza artigianale degli Ashill Forrest e a una maggiore disponibilità economica dei gruppi) era occupata dai “metallari”. Tutti però li chiamavamo “i fjoletti” (che nel nostro dialetto significa “i bambini”) perché era il gruppo più giovane delle stanze. Ixion's Wheel: Andrea alla batteria, Gianluca alla voce, Alessandro al basso e Michele alla chitarra. Anche con loro realizzammo un buon sodalizio, soprattutto con Andrea, studioso di cinema, con il quale organizzeremo successivamente dei cineforum all'avanguardia per l'epoca.
Poi c'era LA CUCINA.

La cucina, le ultime settimane di vita delle stanze


Una stanza con un grande tavolo di legno, un divano con le zecche, una decina di sedie, una cucina con la bombola, un frigorifero, una televisione, una credenza... insomma: una cucina. Quella era la vera sala riunioni. Lì passavamo molto del tempo. Insieme. Affanculo la musica! Non c'erano più divisioni di nessun genere. Chi aveva voglia ci stava. Insieme agli altri. A fare le cose insieme. Anche a fare niente. Ma insieme.
Lì ci facevamo gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, bevevamo il vino che portava Francesco: le bottiglie verdi da un litro con il tappo di ferro dorato. Partite a carte. Riunioni tossiche e alcoliche. “Quelli della notte” alla TV, cantando la sigla tutti insieme. La sera poi la cucina si animava di altri personaggi strani, che non avevano niente a che fare con la musica. Animali che di giorno vivevano in piazza e la notte si riuniva con gli altri animali: le talpe cieche delle stanze.