venerdì 28 settembre 2007

A Senigallia, al Gratis!

La frequentazione del circolo anconetano era oramai regolare. Tutte le settimane ci andavamo almeno una volta (un po’ come andare a messa, adesso che ci penso…). Ovviamente, io e Daniele avevamo voglia di suonare. Lui era un buon chitarrista, io un chitarrista male in arnese e siccome all’epoca i gruppi punk avevano rigorosamente una sola chitarra era logico che la suonasse lui. Io scelsi di cantare, anche se l’idea di suonare il basso mi allettava, ma era molto più difficile trovare qualcuno che avesse voglia di urlare a un microfono piuttosto che violentare uno strumento a corda, che peraltro richiedeva pochissima applicazione per il tipo di musica che dovevamo fare.
Decidemmo così di partire. Ci voleva il nome. E ci voleva un nome dal quale si capisse subito chi eravamo e cosa volevamo dire. Ci rimuginammo un po’ su e poi decidemmo per Azione Non Violenta (non sapevamo tra l’altro dell’esistenza di una rivista con questo nome). Ricordo ancora una digressione sul nome con Marco, allora cantante dei Cracked Hirn e ora professore di sociologia presso un ateneo marchigiano, fuori dal circolo di via Rovereto con lui che diceva, ironico, «Bé sì, è un bel nome… poi ci sono un paio di A da cerchiare… quindi va bene!». Scherzavamo, ma mica tanto. Era “necessario” che i nomi delle band avessero almeno una A, in modo tale da far capire subito di che pasta eravamo fatti!
Che Azione Non Violenta sia, allora! Avevamo la benedizione dei SubPunks (di lì a poco SubPunx) e così avevamo un nostro gruppo!...
Sì, ma eravamo solo in due! Azz…!
Dovevamo trovare basso e batteria.
In quel periodo si aggirava negli ambienti dei di lì a poco Rivolta dell’Odio una ragazza simpatizzante punk, ma certo più vicina agli orizzonti new wave di Cure, Joy Division e creature simili. Si chiamava Donatella e anche lei veniva dalla provincia. Era una ragazza molto sensibile e introversa che prendemmo subito in simpatia, forse proprio per la sua personalità difficile da gestire (non era una estroversa tutta birra e bacini insomma). Non sapeva suonare nulla, quindi decidemmo di affidarle il basso! Non ricordo chi glielo prestò, forse se lo comprò di seconda mano. Era un vecchio basso rimesso a posto in casa che faceva il suo dovere e niente di più.
Rimaneva il problema della batteria, ma non potevamo più aspettare: per un certo periodo suonò con noi Michele, alias Mik Fuk, lo sbatterista (come si definiva) dei Cracked Hirn.
Dove suonare?
Ma al Gratis, ovviamente!
Il Gratis era uno stanzone insonorizzato di Senigallia, proprio di fronte alla stazione, gestito da anarchici e lottacontinuisti, adibito a luogo di incontro e sala prove per gruppi musicali di ogni genere. C’erano anche gruppi jazz che suonavano lì. Lì ci provavano i Cracked, lì facemmo le prime prove anche noi.
Per l’epoca il posto era l’anticipatore del Tuwat, che arriverà di lì a poco.
Cominciammo a buttare giù i primi testi, Daniele sviluppava le linee musicali e insegnava a Donatella il giro di basso, Michele dava il tempo fracassando i tamburi. Dovevamo suonare veloce e urlare le parole. Che dovevano essere in italiano. Ci credevamo molto. Era necessario che la gente potesse capire perché eravamo così incazzati. Il paradosso è che si doveva cantare in maniera così selvaggia che poi difficilmente chi ascoltava riusciva a capire le parole.
Non ricordo per quanti mesi suonammo lì, ma senz’altro il tempo necessario per preparare il concerto-performance di Piazza del Papa, realizzato insieme al collettivo punk di Bologna, sì quello dei Raf Punk che in quel periodo avevano dato vita all'autoproduzione di dischi con quello che rappresenta un documento storico del punk italiano Schiavi nella città più libera del mondo, un EP con quattro band bolognesi.

1 commento:

Unknown ha detto...

per caso avete suonato al Re Artu' di Bari nell'84/85?